venerdì 16 settembre 2011

A BOVOLON A CATAR SU EL TABACO

Da qualche tempo impazza sul web una canzone in dialetto nostrano che ci riguarda da vicino.
Il cantautore veronese Massimo Ferrari (v.link in calce) prende ad esempio la nostra realtà agricola per "bacchettare" in modo ironico ma efficace tutti coloro che, in un periodo difficile come questo, pur trovandosi in condizioni privilegiate di lavoro e di agiatezza economica, si lamentano e non sono mai contenti.
La satira di Ferrari si abbatte su calciatori, modelle, impiegati pubblici poco efficienti e, immancabilmente, sui nostri politici: a tutti loro un coro urlante chiede di andare "a Bovolon a catar su el tabaco" così da rendersi veramente conto di cosa sia la fatica e la durezza di un lavoro svolto d'estate, sotto il sole, in condizioni non certo invidiabili.
Davvero incisiva nella sua disarmante semplicità!
Prendiamo lo spunto dalla canzone per sottolineare come, nell'immaginario collettivo (e non solo nella canzone in argomento), la raccolta del tabacco a  Bovolone abbia sempre rappresentato l'emblema del lavoro pesante per antonomasia, tanto che molti detti proverbiali su questa attività girano tutt'ora, soprattutto tra le persone di una certa età.
Tuttavia la realtà  nei tempi recenti è parecchio cambiata con l'introduzione di innovazioni tecnologiche che hanno, seppur parzialmente, sopperito alla tradizionale lavorazione manuale per cui sono sempre meno le persone reclutate d'estate per la raccolta del tabacco: anche se era un lavoro massacrante, la "stagione" dava comunque la possibilità a molti - immigrati e non - di sopravvivere e rappresentava una fonte di reddito certa pur se le retribuzioni orarie non sono mai state allettanti, spesso anzi al limite della decenza. Adesso "catar su el tabaco" rischia, paradossalmente, di diventare un lusso per molti.
Chi l'avrebbe mai detto?