Contratti di lavoro sospetti
Anche Miozzi nella bufera
Per l'accusa avrebbe indotto il Cda della casa di riposo a mantenere in servizio il titolare di un accordo a progetto
Dal peculato all'abuso d'ufficio, dalla truffa ai falsi documentali fino alla concussione, ipotesi di reato contestata al sindaco Giovanni Miozzi. E nell'indagine approfondita e minuziosa condotta dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Verona è entrato tutto, a formare un quadro complesso in cui i comportamenti personali di chi avrebbe dovuto gestire un patrimonio pubblico, quello della casa di riposo «Benedetto Albertini» di Isola della Scala, si intrecciano con la politica, o più specificamente con il «peso» della politica.
I FALSI. Uno scenario nel quale, oltre alle condotte del ragioniere economo, nonchè direttore dell'epoca, Gianluca Alberti entrano i comportamenti ritenuti dalla procura «poco rigorosi» del presidente del Cda, Marco Biasia, e dei membri dei Collegi dei revisori che si sono succeduti dal 2007 al 2012. Ovvero di coloro che avrebbero comunque dovuto controllare ma che non si «accorsero», questa l'ipotesi della Procura, che gli F24 presentati dall'economo a sostegno dei pagamenti (non effettuati) dell'Iva non erano originali. Non sollevarono perplessità alcuna e attestarono, anzi, la regolarità di quella documentazione contabile che per il pm Federica Ormanni era «palesemente falsa ed inidonea a trarre in inganno, in quanto priva dei timbri dell'istituto di credito e recante firme tra loro identiche». E ai componenti in carica all'epoca si contesta la «falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale perchè attestavano falsamente la regolarità della documentazione contabile». Oltre ad Arrigo Tomiolo (l'unico tempo addietro ad aver ricevuto l'invito ad eleggere domicilio) sono indagati gli altri tre revisori che si sono succeduti in quegli anni.
LE PRESSIONI DI MIOZZI. Relativamente agli intrecci con la politica, la Guardia di Finanza non si è limitata a vagliare la regolarità contabile della «Albertini», fino a qualche anno fa ritenuta struttura di accoglienza per anziani d'eccellenza e ora da quasi due anni commissariata, e nell'indagine sono entrate anche le relazioni e i rapporti diretti tra i vertici della casa di riposo e quelli comunali. Ovvero il primo cittadino di Isola della Scala, indagato per concussione, perchè «abusando della sua qualità e dei suoi poteri» avrebbe indotto Biasia (ex presidente del Cda dell'Ipab) «e per suo tramite tutto il consiglio di amministrazione ad assumere e mantenere in servizio il titolare di un contratto di collaborazione a progetto». E stando a quanto emerso dalle indagini della Finanza, lo avrebbe fatto «inducendo in Biasia e nel Cda il timore di non essere riconfermati e per il Biasia anche ripercussioni sulla propria carriera politica appoggiata dal Miozzi». Non c'era necessità del contratto a progetto e quell'attività lavorativa «si tradusse in fatto ad un rapporto di lavoro subordinato, rinnovato di anno in anno, dal 2007 al2013».
IL PECULATO. Il peculato e l'abuso d'ufficio sono contestati sia ad Alberti sia a Biasia. Per quanto riguarda la prima incolpazione, il «segretario direttore», per la procura dal 2008 al 2012 si appropriò di somme per un totale di 563.189,66 euro «inseriti nei capitoli del bilancio come costi sostenuti dall'Ente pur in assenza di riscontri documentali. Inoltre avrebbe consegnato all'ex presidente Biasia dall'aprile 2009 al dicembre 2012, 500 euro al mese «asseritamente destinate a contributo per il partito». Per un totale di circa 22.500 euro.
L'abuso d'ufficio riguarda invece un'assunzione effettuata in violazione delle norme che regolano gli accessi nel pubblico impiego.
Alla signora, su indicazione del dottor Biasia, su chiamata diretta e senza valutazione professionale, venne assegnato un contratto a progetto per il 2010 e il 2011 e poi uno a tempo determinato fino al febbraio 2013.
LA TRUFFA. L'economo Alberti ha ulteriori due contestazioni, la truffa (indicò nelle buste paga voci non dovute e in tal modo trasse in inganno l'Ente per poco più di 60mila euro) e il falso materiale (nei bilanci dal 2008 al 2012 «indicava valori attivi superiori e negativi inferiori a quelli reali) finalizzato a non far emergere la situzione debitoria dell'Ente. Quella voragine a sei zeri.
Indagine chiusa. Gli indagati (il collegio difensivo è composto dagli avvocati Maruzzo, Ciurli, De Luca, Ugolini, Ferraresi, Sartori, Palumbo e Rossignoli) avranno 20 giorni di tempo per depositare memorie o farsi interrogare.
I FALSI. Uno scenario nel quale, oltre alle condotte del ragioniere economo, nonchè direttore dell'epoca, Gianluca Alberti entrano i comportamenti ritenuti dalla procura «poco rigorosi» del presidente del Cda, Marco Biasia, e dei membri dei Collegi dei revisori che si sono succeduti dal 2007 al 2012. Ovvero di coloro che avrebbero comunque dovuto controllare ma che non si «accorsero», questa l'ipotesi della Procura, che gli F24 presentati dall'economo a sostegno dei pagamenti (non effettuati) dell'Iva non erano originali. Non sollevarono perplessità alcuna e attestarono, anzi, la regolarità di quella documentazione contabile che per il pm Federica Ormanni era «palesemente falsa ed inidonea a trarre in inganno, in quanto priva dei timbri dell'istituto di credito e recante firme tra loro identiche». E ai componenti in carica all'epoca si contesta la «falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale perchè attestavano falsamente la regolarità della documentazione contabile». Oltre ad Arrigo Tomiolo (l'unico tempo addietro ad aver ricevuto l'invito ad eleggere domicilio) sono indagati gli altri tre revisori che si sono succeduti in quegli anni.
LE PRESSIONI DI MIOZZI. Relativamente agli intrecci con la politica, la Guardia di Finanza non si è limitata a vagliare la regolarità contabile della «Albertini», fino a qualche anno fa ritenuta struttura di accoglienza per anziani d'eccellenza e ora da quasi due anni commissariata, e nell'indagine sono entrate anche le relazioni e i rapporti diretti tra i vertici della casa di riposo e quelli comunali. Ovvero il primo cittadino di Isola della Scala, indagato per concussione, perchè «abusando della sua qualità e dei suoi poteri» avrebbe indotto Biasia (ex presidente del Cda dell'Ipab) «e per suo tramite tutto il consiglio di amministrazione ad assumere e mantenere in servizio il titolare di un contratto di collaborazione a progetto». E stando a quanto emerso dalle indagini della Finanza, lo avrebbe fatto «inducendo in Biasia e nel Cda il timore di non essere riconfermati e per il Biasia anche ripercussioni sulla propria carriera politica appoggiata dal Miozzi». Non c'era necessità del contratto a progetto e quell'attività lavorativa «si tradusse in fatto ad un rapporto di lavoro subordinato, rinnovato di anno in anno, dal 2007 al2013».
IL PECULATO. Il peculato e l'abuso d'ufficio sono contestati sia ad Alberti sia a Biasia. Per quanto riguarda la prima incolpazione, il «segretario direttore», per la procura dal 2008 al 2012 si appropriò di somme per un totale di 563.189,66 euro «inseriti nei capitoli del bilancio come costi sostenuti dall'Ente pur in assenza di riscontri documentali. Inoltre avrebbe consegnato all'ex presidente Biasia dall'aprile 2009 al dicembre 2012, 500 euro al mese «asseritamente destinate a contributo per il partito». Per un totale di circa 22.500 euro.
L'abuso d'ufficio riguarda invece un'assunzione effettuata in violazione delle norme che regolano gli accessi nel pubblico impiego.
Alla signora, su indicazione del dottor Biasia, su chiamata diretta e senza valutazione professionale, venne assegnato un contratto a progetto per il 2010 e il 2011 e poi uno a tempo determinato fino al febbraio 2013.
LA TRUFFA. L'economo Alberti ha ulteriori due contestazioni, la truffa (indicò nelle buste paga voci non dovute e in tal modo trasse in inganno l'Ente per poco più di 60mila euro) e il falso materiale (nei bilanci dal 2008 al 2012 «indicava valori attivi superiori e negativi inferiori a quelli reali) finalizzato a non far emergere la situzione debitoria dell'Ente. Quella voragine a sei zeri.
Indagine chiusa. Gli indagati (il collegio difensivo è composto dagli avvocati Maruzzo, Ciurli, De Luca, Ugolini, Ferraresi, Sartori, Palumbo e Rossignoli) avranno 20 giorni di tempo per depositare memorie o farsi interrogare.